Museo dei Bronzi Dorati e della Città di Pergola
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San Carlo Borromeo

Tela di Claudio Ridolfi

San Carlo Borromeo in preghiera, raffigurato di tre quarti e inginocchiato davanti all’altare.

Nato da una nobile e ricca famiglia veronese, Claudio Ridolfi nel 1585, all’età di quindici anni, inizia la sua formazione a Venezia presso una delle botteghe più feconde dell’epoca, quella di Paolo Caliari. Trascorre solo tre anni a diretto contatto con il Veronese, ma l’influenza del suo primo maestro e di altri artisti veneti come Jacopo Palma il Giovane o Tintoretto condizionerà l’intera sua attività pittorica. Ridolfi rimane infatti sempre legato alla sua originaria formazione veneto-manierista, anche se a un certo punto viene attratto dall’arte dell’urbinate Federico Barocci, il cui influsso è visibile soprattutto nei delicati trapassi chiaroscurali e nel pacato sentimentalismo. Trasferitosi nelle Marche intorno al 1590, a Urbino si innamora della giovane Vittoria de Maschi, che sposa nel 1605. Dopo il matrimonio va a vivere con la famiglia a Corinaldo, città in cui muore nel 1644. In terra marchigiana ottiene numerose commissioni, dedicandosi alla realizzazione di ritratti e dipinti celebrativi21, ma soprattutto alla pittura sacra, di cui l’opera di Pergola è un chiaro esempio.

La tela era collocata all’interno della chiesa di Santa Maria di Piazza sull’altare marmoreo di proprietà della famiglia Guazzugli del Monte, il primo a sinistra rispetto all’ingresso. Il soggetto iconografico è san Carlo Borromeo in preghiera, raffigurato di tre quarti e inginocchiato davanti all’altare. Il cardinale, canonizzato nel 1610, si trova all’interno di una loggia da cui si intravede, oltre le colonne, un panorama cittadino, forse la stessa Pergola con il vecchio campanile della chiesa di Sant’Andrea22. L’opera è caratterizzata da un sapiente utilizzo della luce che illumina lo sfondo e colpisce la figura del santo dall’alto, mettendo in evidenza la bellezza dei dettagli del suo abito, come la cangiante seta rossa, i merletti della cotta (veste di lino bianco indossata dal sacerdote sopra quella talare), il pizzo e la passamaneria dorata del cuscino. La luminosità esalta anche l’intensa religiosità del personaggio, che in linea con il suo ruolo di promotore dei principi di rinnovamento spirituale propri della Controriforma è qui totalmente assorto nella preghiera e nella meditazione. Dall’osservazione della tela emergono chiaramente due tratti distintivi della pittura del Ridolfi: la perizia nella resa dei particolari e della consistenza materica, e l’abilità nella realizzazione dei volti dei personaggi, che risultano dotati di una forte carica espressiva. L’iconografia che l’artista usa per ritrarre il Borromeo, la cui fisionomia è in genere contraddistinta da tratti arcigni e molto marcati, quasi spigolosi, è abbastanza insolita. Ridolfi sicuramente conosceva l’aspetto del suo viso, come attestano i dipinti presenti a Urbino nella chiesa di Santo Spirito e nella cattedrale, ma spesso, influenzato dal sentimentalismo baroccesco, decide di arrotondarne e abbellirne i tratti, in modo che la figura del santo possa esprimere in maniera più profonda l’estasi mistica. La tela può essere messa in relazione con un disegno acquarellato23, realizzato dallo stesso pittore veneto e conservato a Urbino presso la Galleria Nazionale delle Marche. Anche qui il Borromeo è inginocchiato in preghiera di fronte a un altare, all’interno di un ambiente molto simile a quello del dipinto di Santa Maria di Piazza, con l’unica differenza che la figura del santo è rivolta a sinistra anziché a destra. Lo stile dell’opera è del tutto affine a quello visibile nel Matrimonio mistico di santa Caterina d’Alessandria24 (1621-1625) e pertanto il San Carlo Borromeo va datato poco dopo, intorno al 1626. All’interno del museo, nello stesso ambiente, è inoltre esposta una delle ultime opere dell’artista: si tratta della suggestiva Orazione di Gesù nell’orto (1643) proveniente dalla chiesa di Santa Maria Assunta al Cimitero.

Museo dei Bronzi Dorati della Città di Pergola
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