Museo dei Bronzi Dorati e della Città di Pergola
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La tecnica di fusione

Statue romane in bronzo dorato

Le indagini e le analisi effettuate sul gruppo bronzeo mostrano senza alcun dubbio che le sculture furono fuse con la tecnica detta “a cera persa con metodo indiretto”, la quale, rispetto a quello diretto, presenta il vantaggio di poter riutilizzare il modello. Le sculture in bronzo di grandi dimensioni, e di forma complessa, come nel caso dei bronzi da Cartoceto, erano sempre costituite da alcune parti principali fuse separatamente e poi saldate insieme.

Innanzitutto l’artista doveva creare un modello in argilla o in altro materiale, sul quale venivano realizzati dei calchi in gesso, successivamente rivestiti di cera nella parte interna. A questo punto la forma in cera, liberata dalla matrice (calco in gesso), era internamente riempita di terra ed esternamente ricoperta di materiale refrattario, resistente quindi alle alte temperature, per poi essere cotta in forno. Durante questa operazione la terra si solidificava e la cera si scioglieva, fuoriuscendo attraverso condotti appositamente creati. La cera “persa” lasciava un’intercapedine vuota tra il materiale refrattario e il nucleo interno, in seguito riempita con il bronzo fuso. Dopo il raffreddamento del metallo le varie parti di cui era composta l’opera venivano liberate dalla terra di fusione, saldate tra loro con una saldatura a bronzo, e infine rifinite per uniformare la superficie e rendere quindi non visibili le giunture.

Nel caso specifico dei bronzi da Cartoceto, le due figure femminili sono composte da quattro sezioni ciascuna, quelle maschili ed i cavalli da dieci e le teste dei cavalli da undici. La fonderia in cui fu realizzato il gruppo doveva non solo avere un livello tecnico elevato, ma anche essere legata ad una committenza piuttosto ampia, che rendeva molto utile disporre di un cospicuo numero di matrici con le quali si potevano creare opere differenti nei particolari e nelle posizioni. Le analisi effettuate mostrano che la lega con cui fu eseguita la fusione è di tipo Rame – Stagno – Piombo, con una forte percentuale (oltre il 13%) di quest’ultimo elemento. Tale tipo di lega, molto diffusa soprattutto in epoca romana, presentava caratteristiche di maggiore fluidità rispetto a quella classica Rame-Stagno e quindi poteva essere particolarmente adatta per fusioni di opere di grandi dimensioni. Le percentuali di Rame-Stagno-Piombo risultano identiche in tutte le sculture e di conseguenza l’officina di produzione doveva disporre di un’unica partita di bronzo. Le analisi sui residui della terra di fusione impiegata per l’anima indicano la presenza di minerali di origine vulcanica, elemento che ci fa ipotizzare la regione campano-laziale come area di provenienza. Non necessariamente però l’officina di fabbricazione doveva essere collocata in quella zona: i romani erano infatti soliti trasportare materie prime da un posto all’altro, come nel caso documentato della ceramica, percorrendo anche distanze notevoli. In linea teorica si potrebbe anche affermare che il gruppo bronzeo sia stato fabbricato nel territorio dell’attuale regione Marche. Nell’odierna Sassoferrato, corrispondente alla romana Sentinum, municipio non lontano dal luogo del rinvenimento, sono state rilevate tracce di una fonderia forse sufficientemente ampia per produrre anche statue di grandi dimensioni. Non si può quindi escludere che i bronzi siano stati realizzati proprio in questo atelier o in un altro presente in qualche città medio-adriatica.

Per ciò che concerne la doratura, le statue sono state dorate col metodo a foglia: si tratta cioè di rettangoli d’oro a 24 carati, sottilissimi, dello spessore medio di 4,8 micron25, che venivano scaldati, applicati senza l’uso di mercurio, e pressati direttamente sulla superficie metallica. La doratura normalmente si eseguiva nel luogo in cui era prevista l’esposizione, solo dopo aver ancorato le statue al piedistallo col metodo tradizionale dei tenoni (perni metallici) in piombo. In questo modo si evitava ogni possibile danneggiamento della foglia d’oro durante le operazioni di trasporto dalla fonderia al luogo di destinazione finale, di sollevamento e posizionamento delle sculture.

Museo dei Bronzi Dorati della Città di Pergola
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